cow gum

Graphic Nostalgia: la Cow Gum.

Iniziamo una rubrica dedicata ai nostalgici della grafica: ricordate la mitica Cow Gum?

Forse i grafici e i designer più giovani nemmeno se la ricorderanno, ma la Cow Gum era uno dei cardini di tutti gli studi e le agenzie negli anni in cui Aldus PageMaker (che quest’anno compie già 35 anni, e parleremo anche di lui) non era nemmeno in lavorazione e Steve Jobs stava ancora studiando grafica all’università senza nemmeno sapere bene a che cosa gli sarebbe servita. La sua iconica scatola bianca e rossa con la scritta “Cow” in un carattere script troneggiava sulle scrivanie di tutti gli art director, i visualizer, gli esecutivisti… insomma, di tutte quelle figure che presto sarebbero finite con la testa dentro il monitor di un computer come tutta la loro scrivania, che si sarebbe smaterializzata col nome inglese di desktop, sorte che poi sarebbe toccata anche al floppy disk che è morto per diventare l’icona della salvezza dei documenti. 

In quei tempi, quando “salva con nome” poteva tutt’al più essere considerato un modo bizzarro per definire il battesimo, i grafici utilizzavano questa gomma sintetica rimuovibile che no, non aveva niente a che vedere con il placido bovino e nemmeno con la metaforica mucca viola di Seth Godin: si trattava infatti di una colla derivata dal petrolio, che aveva il vantaggio di metterci molto tempo per asciugare.  Sì, era un vantaggio perché allora i materiali per la stampa preparati in agenzia non erano certo i pdf che mandate a noi per la stampa, ma consistevano in fogli di carta patinata con i testi stampati sopra dai “fotocompositori” (una categoria scomparsa con l’avvento dei computer) e di immagini su carta che venivano incollati su cartoncini rigidi chiamati Schoeller (mentre scriviamo ci stiamo rendendo conto che i post di questa rubrica potrebbero essere infiniti, e non abbiamo ancora nominato i Letraset…) e la possibilità di poter spostare anche solo di un millimetro le parti appena incollate era un vero asso nella manica degli Arti Director più incontentabili. 

Forse euforizzati dall’inconfondibile odore di questa sostanza ormai entrata nel mito, infatti, i più esigenti degli Art Director (allora quasi sempre dotati della pipa di ordinanza) provavano un’irresistibile piacere nel muovere con il bisturi i fogli di patinata appena incollati per trovare il perfetto equilibrio dell’impaginato e fra le lettere delle head line (pratica successivamente gestita dal track del computer). A volte succedeva anche che i copywriter, rileggendo gli esecutivi per evitare refusi, trovassero un’intera parola mancante attaccata sul gomito di chi aveva realizzato l’esecutivo. 

La Cow Gum, il cui nome pare derivi da quella del suo inventore ma che probabilmente era stata creata da una benevola divinità protettrice dei grafici, era spalmata con l’apposita e altrettanto iconica spatolina di plastica bianca. Quando le parti venivano premute per incollarle al supporto, dai lati fuoriusciva la sostanza in eccesso che poteva essere pulita soltanto dalla “palla di cow” secca. Creatura dal fascino alieno secondo soltanto a quello del Blob cinematografico, la palla di Cow si alimentava dei residui di Cow Gum rimasti sui cartoncini Schoeller e sulle scrivanie che, quando si essicavano, prendevano il nome scientifico di “caccole di Cow”. Resta ancora un mistero quale sia stata la prima caccola di Cow da cui, con lo stesso processo delle palle di neve che diventano valanga, si è formata la palla di Cow originaria. 

Un mistero che però non interessava certo agli Art Junior, e anche i più frivoli dei senior, che la usavano per tirarsela nelle riunioni di brain storming sfruttando le sue sorprendenti capacità di rimbalzo e suscitando l’invidia dei copywriter che tutt’al più potevano sollazzarsi con il dizionario dei sinonimi e dei contrari. Ma non era esattamente la stessa cosa. Se avete foto della Cow Gum, o ricordi legati al suo utilizzo, scriveteci nei commenti al post o su Facebook, oppure postate le foto su Instagram con #4GraphicNostalgia. Nell’attesa, date un occhiata al “Museum of Forgotten Art Supplies”. 

P.S. La lattina e la paletta di Cow Gum ritratte nella foto appartengono alla collezione privata di cimeli di Graphic Nostalgia di Andrea CeredaAndrea Cereda, che ringraziamo

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