classico di san valentino

RAYMOND PEYNET: UN CLASSICO DI SAN VALENTINO.

Ingiustamente dimenticato negli ultimi tempi, giudicato troppo lezioso o eccessivamente sdolcinato, il tratto dell’illustratore Raymond Peynet è stato per interi decenni un classico di San Valentino.


Le nostre promozioni sono da sempre un classico di San Valentino, ma oggi vorremmo parlarvi di qualcuno che è decisamente ancora più classico. Si tratta dell’illustratore Raymond Peynet, che dell’amore romantico, della tenerezza, dei cuoricini ha fatto un brand di enorme successo. Anzi, ha addirittura battezzato Valentino e Valentina i due iconici fidanzatini nati dalla sua fantasia  e diventati talmente popolari che ora hanno due musei in Francia, ad Antibes e a Brassac-les-Mines, e due in Giappone.

Internazionali i due personaggini di Peynet lo sono stati fin da subito, quando hanno contribuito ad alleggerire l’atmosfera cupa degli anni succeduti a una guerra che aveva devastato il mondo con eventi orribili: loro, semplicemente, si limitavano a parlare d’amore.
Una “limitazione” che è stata la fortuna di questo grande illustratore nato nel 1908 e che aveva iniziato la carriera disegnando per riviste e cataloghi commerciali fino ad arrivare in un’agenzia pubblicitaria parigina proprio negli anni, guarda un po’, in cui si diffondeva la teoria della Unique Selling Proposition.

La teoria, la trovate raccontate anche nella serie Mad Men, sosteneva che i brand dovessero fare una e una sola promessa distintiva ai consumatori per convincerli: Peynet lo ha fatto, arrivando a parlare soltanto di amore, con uno stile distintivo e un “tone of voice” univoco ed estremamente riconoscibile.

Un sentimento che sembrava quasi un destino, visto che nel 1930 Peynet aveva sposato la bambina di cui si era innamorato durante i primi anni di scuola e che si chiamava, non è un’invenzione, Denise Damour. In un’intervista molto toccante rilasciata nel 2019 a La Nouvelle Republique, sua figlia Annie ha dichiarato: “Mio padre ha continuato a disegnare mia madre con gli occhi dei loro vent’anni. Ne era veramente innamorato. Anche se la carriera lo ha portato a conoscere bellissime donne come Brigitte Bardot, mia madre è stata il suo primo e unico amore”.

La coppia di fidanzatini più famosa del mondo è nata proprio durante una vacanza di famiglia a Valence, quando Peynet una sera ha sentito un violinista suonare per la fidanzata in un chiosco del parco (che ora si chiama chiosco Peynet) e li ha ritratti nel primo dei suoi quadretti d’amore. Nell’illustrazione c’erano già tutti gli elementi che avrebbero trasformati i due protagonisti in un’icona dell’amore: l’atmosfera eterea e senza tempo, la bombetta alla Charlie Chaplin, l’acconciatura quasi sempre raccolta di lei, l’interazione poetica fra i due: qui, per esempio, lei ha appena finito di lavorare a maglia lo spartito della sonata che lui sta eseguendo.

C’è sempre interazione fra i due personaggi disegnati da Peynet in un numero incommensurabile di acquerelli che si sono poi trasformati in confezioni per scatole di cioccolatini, cartoline, poster, e migliaia di altri gadget, ma che hanno saputo ispirare artisti di altri campi: il primo è stato George Brassens, il cantautore amico di famiglia dei Peynet che celebrò Valentina e Valentino nella celeberrima “Les amoureuxants des bancs publics” e che ancora si ispirò ai due fidanzatini, ritratti molte volte con l’ombrello, nell’altra hit “Le parapluie”.

Mentre intorno a lui il mondo cambiava vorticosamente, passando dalla cupezza del dopoguerra agli anni del consumismo più sfrenato, dalle libertà sessuali propugnate negli anni sessanta all’avvento degli appuntamenti online (Peynet è morto nel 1999), il papà di Valentina e Valentino ha continuato imperterrito a proseguire la descrizione di un amore giocoso e poetico, a volte anche leggermente malizioso ma con dolcezza, descrivendo un mondo dove regnano la grazia e la leggerezza.

Chissà, forse è proprio per queste due ultime qualità, così lontane dall’aggressività quotidiana che si diffonde dalla rete nelle strade della vita reale, che il lavoro di Peynet ci sembra così distante. E magari è proprio per questo che avremmo bisogno di riscoprirlo.

 

 

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