Fanzine

CARTA DA MUSICA: BREVE STORIA DELLE FANZINE FRA AUTOPRODUZIONE, RICERCA DI DESIGN E PREMONIZIONI SOCIAL.

Territorio privilegiato delle esplorazioni grafiche d’avanguardia, fra gli anni ’70 e gli anni ’80 le fanzine musicali hanno rappresentato un’anticipazione delle tendenze social e di autoproduzione più attuali.

Dopo anni in cui si è parlato di quanto il digitale avrebbe avuto la meglio sulla carta, l’aria dei tempi sembra essere cambiata. Lo si nota anche da piccoli segnali, come l’attenzione che alcuni blog di grafica e design fra i più interessanti stanno dedicando a iniziative di taglio particolare, come le fanzine prodotte a tiratura limitata da un piccolo editore indipendente come Aalphabet Edizioni e dedicate principalmente al mondo della fotografia. Spesso autografate dagli autori, queste pubblicazioni stanno diventando oggetti da collezione per gli appassionati.

Come succede ancora oggi per quelle che secondo noi sono un po’ le loro antenate, ovvero le fanzine musicali degli anni settanta e ottanta, primi esperimenti di self publishing che sono stati veri e propri laboratori di sperimentazione grafica e che hanno anticipato alcune tendenze che sarebbero poi emerse solo nell’epoca dei social media. In tutto il mondo si moltiplicano le fiere di settore dove i collezionisti si contendono questi numeri unici, venduti anche su uno specifico canale di Etsy dedicato proprio alle Fanzine.

Il nome Fanzine deriva dalla contrazione di Fan Magazine, rivista dei fan, e infatti si trattava di pubblicazioni prevalentemente realizzate al ciclostile da appassionati di un gruppo musicale, spesso punk. Una di queste fanzine è al centro del romanzo di esordio dello scrittore americano Garth Risk Hallberg, ambientato nella New York del 1976 dove queste pubblicazioni videro la luce negli anni del punk. Molte di queste riviste, chiamate appunto Punkzine, sono diventati dei veri e propri oggetti di culto come Sniffin Glue e Punk.

Il successo di queste pubblicazioni nella cultura undergorund crebbe ulteriormente quando, grazie all’utilizzo della fotocopiatrice, divenne possibile produrre a costi relativamente bassi stampati in cui esprimere autonomamente pareri che uscissero dal mainstream della critica musicale blasonata. Secondo il bel post di Chloe Arnold su MentalFloss dedicato all’argomento, verso la metà degli anni’90, nei soli Stati Uniti si contavano circa 40.000 fanzine, e la moda intanto era arrivata anche in Europa.

In Italia, per esempio, esempi interessanti di creatività autoprodotta sono state fanzine come Dudu, Xerox, Disforia, Nero… Nelle fanzine italiane d’epoca le grafiche sono taglienti come le lamette che i punk utilizzavano come orecchini, i contenuti assemblano riflessioni colte e slogan demenziali come nelle canzoni dei bolognesi Skiantos con lo spirito anarchico e indipendente di una cultura nata “dal basso” e indipendente dai canali di comunicazione ufficiali.

Non è un caso, quindi, che in un periodo storico in cui lo User Generated Content, cioè i contenuti creati dagli utenti, sono essenziali per una corretta comunicazione online questo tipo di creazioni tornino a essere di ispirazione. Combinando la diffusione online di strumenti di grafica accessibili a tutti alla qualità dai costi abbordabili delle tecnologie di stampa digitale, le nuove fanzine danno voce ad appassionati di musica, tifoserie calcistiche, amanti del Cosplay e tutti coloro che vogliono dare la concretezza della carta ai pensieri con cui esprimono le loro passioni.

 

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