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GIPI, L’ARTE DEL FUMETTO

Una bella mostra a Palazzo Blu, Pisa, celebra la carriera di Gipi, uno dei più grandi autori del fumetto italiano, con tavole originali dalle sue graphic novel più rappresentative.

Si chiama Gian Alfonso Pacinotti, ma gli appassionati del fumetto lo conoscono come Gipi: è così che firma tutte le sue storie, che hanno ricevuto prestigiosi premi internazionali e hanno scavalcato i confini del mondo del fumetto e della graphic novel con la loro potenza narrativa. Nel 2014 il suo “unastoria” è stato il primo lavoro a fumetti a entrare nella rosa dei finalisti del premio Strega, accanto ad autori di letteratura blasonati come Giorgio Pressburger e Antonio Scurati, presentato da Nicola Lagioia e da Sandro Veronesi.

La genesi di questo lavoro racconta molto della personalità dell’artista, che ne ha parlato in un’intervista a XL di Repubblica: “Per 5 anni non sono riuscito a lavorare. Ero a Parigi, andavo alle feste, facevo il figo, ma non mi mettevo più al tavolo. La serenità che ho ritrovato tornando al disegno me la sognavo. Ho un legame sessuale con la carta, stiamo insieme da quando ho sei anni“ .

Anche all’inaugurazione della mostra di Pisa, Gipi ha raccontato di quesa sua passione per il disegno che lo assorbe fin da piccolo, quando andava per giorni interi nei campi a disegnare, scottandosi sotto il sole dell’estate e facendo gelare gli acquerelli nei brevi e rigidi giorni dell’inverno. La passione del resto è il tratto comune che traspare da tutte le opere in mostra, che pure stilisticamente sono molto diverse fra loro. Gipi, infatti, non ama gli stili riconoscibili che spesso contraddistinguono i maestri del fumetto, ma da vero narratore cerca sempre una modalità espressiva che possa trasferire l’atmosfera del racconto.

Così nell’ultimo dei libri che ha realizzato, “La terra dei figli”, la secchezza del tratto in bianco e nero si addice alla perfezione al mondo raccontato, in cui dopo un’apocalisse di cui non si scopre la ragione i sopravvissuti vivono in un mondo di sfiducia reciproca fatto di miseria, ignoranza e durezza. Nel già citato “unastoria”, invece, Gipi alterna gesso, olio, pennarello utilizzando il colore per mostrare come un luogo (o un “non luogo” come una stazione di servizio) possa restare drammaticamente anonimo e uguale a se stesso anche sotto un tramonto rutilante di colori o sotto una luce artificiale fredda e abbagliante.

Perché il comandamento fondamentale dell’artista, rivela Gipi nell’intervista che apre il catalogo della mostra (Felici Editore – Gruppo Editoriale Le Impronte) è l’onestà. Un’onestà che significa non cercare mai scorciatoie espressive e non semplificare eccessivamente la vita del lettore dandogli quello che si aspetterebbe. Meglio stupirlo, magari inserendo a sorpresa fra i disegni dei propri lavori un autoritratto, quasi come i cameo che Alfred Hitchcock metteva nei suoi film e che Gipi, che è anche regista cinematografico, sicuramente conosce bene.

La mostra “Gipi: storie d’artista” è a Pisa, Palazzo Blu, fino al 13 ottobre 2019.

Immagine di copertina © Gipi (Gian Alfonso Pacinotti), Coconino Press.

 

 

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