la grafica va al cinema

La grafica va al cinema.

Quando la grafica va al cinema nascono titoli di testa e di coda straordinari. Scopriamo insieme quali sono i più famosi…

Il primo contributo che diede la grafica al cinema, risale ai tempi dei film muti: tra una scena e l’altra, infatti, comparivano dei cartelli esplicativi, che venivano filmati. Un lavoro che vide “impiegati” poi diventati famosi nel mondo del cinema: un certo Alfred Hitchcock, prima di diventare regista, lavorava proprio presso la casa di produzione Famous Player con l’incarico di realizzare i disegni e le didascalie dei film in produzione.Tra i cartelli più interessanti dei film muti di quegli anni, ricordiamo ad esempio quelli dei film “Viaggio sulla luna” (1920), il primo con lettere animate e il “Mio Uomo Godfrey” in cui i titoli si componevano magicamente grazie alle scritte in neon sui grattacieli. Con l’avvento del cinema d’animazione di Walt Disney, tra gli anni ’20 e gli anni ’30, cominciarono a comparire anche i primi titoli animati a cartoni. Gli anni successivi, tra il 1950 e il 1970 vedono il successo delle fantastiche animazioni di Saul Bass, uno dei più celebri “graphic designer“ della storia del cinema: un uomo che è stato capace di trasformare i titoli di testa in una forma d’arte, sintetizzando l’intero film in un simbolo riconoscibile a tutti. Titoli di testa che diventano a loro volta un piccolo film dentro il film, frutto dell’influenza del Costruttivismo e delle opere del Bauhaus.

Altra tecnica, ma non meno efficace è quella che invece rese noto Pablo Ferro, l’ideatore dei titoli del film “Il Dottor Stranamore ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba” di Stanley Kubrik. Graphic designer che contribuì anche alla creazione del trailer e della campagna pubblicitaria. Per cosa ricordiamo questi titoli? Erano scritti a mano, davvero graffianti, e occupavano tutto lo schermo visivo sovrapponendosi alle immagini filmate.

Sempre in questo periodo, ricordiamo i titoli di testa in cui comparivano le fotografie macroscopiche di Stephen Frankfurt (ad esempio ne il “Buio oltre La siepe”). Una tecnica nuova, capace di creare già un’atmosfera ricca di pathos.

Tra gli anni ’70 e gli anni ’80 cominciarono a prendere piede le prime grafiche in 3D e i primi (a vederli oggi) rudimentali effetti speciali (ricordiamo uno su tutti Alien del 1979 e True Lies del 1994). In quegli anni nasceva anche la necessità di creare un nuovo stile grafico, davvero distintivo, in seguito alla creazione delle prime tv via cavo americane e a tutta la serie di nuovi canali tematici dedicati ai giovani e alla musica.

Dagli anni ’90 ad oggi, grazie allo sviluppo delle tecnologie, all’avvento del web e alla crescente necessità di video che potessero coinvolgere emotivamente sempre di più l’utente finale, la grafica va al cinema con i titoli di testa di Seven di Kyle Cooper (graffianti e fastidiosi) con il sottofondo musicale di “Closer” dei Nine Inch Nails. Titoli che, tra l’altro, (piccola curiosità) non contengono…il nome dell’assassino!

Ai giorni nostri, sono sicuramente amatissimi i titoli di coda di numerosi film d’animazione di successo, come ad esempio il fortunato Shrek, perché riservano delle sorprese di animazione che lasciano gli spettatori (soprattutto quelli più giovani) letteralmente “incollati” allo schermo fino allo scorrere dell’ultimo nome.

Terminiamo questo breve escursus nel mondo della titolazione cinematografica con un “omaggio tipografico” proprio ai film di Alfred Hitchcock e all’opera fotografica di Stephen Frankfurt da parte di Jean-Baptiste Lefournier, famoso grafich designer francese che, su una musica di Cyril Balta, ha voluto “rivisitare” a modo suo i più celebri titoli del celebre regista. Perché quando la grafica va al cinema lo fa anche divertendosi!

 

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